LUIGI XVI CANNELURE, PROVENIENZA PARIGINA, FATTURA ITALIANA, PERIODO NAPOLEONE III, BIANCO CARRARA DALLE FREZZATURE LEGGERE COME CAPELLI, RISULTATO DI UNA ACCURATA SELEZIONE (particolare, questo, ultimo in elenco ma degno di grande considerazione perché determina la stessa differenza che c’è tra un vestito di buon taglio ma di pessima stoffa ed uno di altrettanto buon taglio ma realizzato col miglior Principe di Galles!)
Più d’una volta all’anno, pur ritenendomi saldamente ed incorruttibilmente cittadino della bassa emiliana tra Modena e Reggio, sento il richiamo della Grassa, Colta e Turrita Bologna. Son tanti i motivi di questa attrazione e non solo (come sostiene mia moglie) il piatto di tagliatelle di quel ristorante sotto le due torri (IL PELLICANO) od il carrello dei bolliti dell’altro ristorante all’inizio di via Indipendenza (IL DIANA). Sono attratto da quelli che sono stati i luoghi dei miei studi (e di conseguenza, della mia giovinezza), dal fare bonario che sempre troverete su volto del bolognese al quale avete appena domandato una informazione, dai muri medioevali del centro storico, rassicuranti e pregni di storia tanto che par di assorbirla, questa storia, al solo passarci dinnanzi.
Ebbene, magari vi metterete a ridere, ma tra i motivi di questa mia “attrazione fatale”, ce n’è uno, apparentemente di poco conto, che per me ha invece molta importanza:
A Bologna potete ancora trovare un discreto numero di quegli antichi negozi che altrove sono scomparsi, gli stessi di mezzo secolo fa, con quelle vetrine in legno scolpito, con quelle scritte del tipo “Tessuti Nanni & figli”, negozi che vendono le stesse cose di mezzo secolo fa, i cremini della Majani (i leggendari FIAT triplo strato di cioccolato) oppure le caramelle Baratti. Ed ancora, negozi rimasti intonsi almeno dal dopoguerra, nei quali si vendono accessori per la manutenzione del cavallo oppure mortadelle fatte come Dio comanda.
A questo proposito, posso dirvi che quando ha chiuso Pasquini (produceva, ovviamente artigianalmente, la miglior mortadella del globo terracqueo) mi son venuti giù due insopprimibili lacrimoni. Una perdita insostituibile.
Ecco, questi vecchi negozi di Bologna sono per me un ritorno ad un passato più pulito, onesto, profumato, VERO, una sorta di cantuccio caldo foderato di sportelli in noce e pomelli d’ottone, banconi di faggio e regolamentare retrobottega il cui ingresso era, sempre, una tenda fiorita, nulla a che vedere con i moderni “open space” con quei lunari arredamenti abbaglianti di luce e musica a manetta, locali sprovvisti di commessi premurosi e “grembiulati”, sostituiti da commessi/e con conoscenze dell’oggetto o prodotto da vendere vicine allo zero. Nei ristoranti, nei bar o nelle boutique, poi, quel che conta è la scopertura della gamba ed il tacco 10, il resto è poco importante.
In questo trapasso dai negozi d’antan alle moderne attività commerciali/ricreative c’è stata la mano di un nugolo d’architetti pazzi, alienati, “moderni a tutti i costi” ma anche la poca (per non dire nulla) cultura dei moderni acquirenti, i quali non si sono per nulla ribellati a questo stravolto ed insano consumismo.
Ricordatevi che, andando avanti così, consegneremo le chiavi del mondo ai padroni di Amazon e Mostri Similari, i quali ci maciulleranno sempre più il cervello, sino a quando non sarà poltiglia incapace di produrre alcun pensiero, anche il più elementare.
Perché ho scritto questa lunga premessa?
Che c’entra tutto il mio soprastante sproloquio con il caminetto che sto qui presentandovi?
C’entra in quanto anche nel mondo dell’antico camino può esserci il germe di una nostra salvezza, esattamente come c’era nel negozio del beneamato Pasquini.
Oggi voi potete scegliere se seguire la modernità (Amazon etc..) comprando un prodotto industriale prodotto in Cina od in Viet Nam in un milione di esemplari oppure far vostro un pezzo unico, perché TUTTI i camini antichi, anche se appartenenti ai modelli di maggior successo commerciale, sono da ritenersi pezzi unici.
Ogni scultore, infatti, aveva “il suo” particolare modello di Cannelure, per qualche particolare diverso da quello d’un altro maestro, e comunque ogni parte di questo caminetto era realizzata a mano e lucidata a mano, operazione, quest’ultima della lucidatura, che impegnava un “lucidatore” (questa figura era qualcosa in più d’un semplice garzone, perché la lucidatura era anch’essa un’arte e servivano lustri di tirocinio prima di diventare “maestro lucidatore”) per parecchi giorni.
INSOMMA, OGNI CAMINO COSTRUITO SINO AI PRIMISSIMI DECENNI DEL NOVECENTO E’ DA RITENERSI UN’OPERA D’ARTE (PER IL SUO DISEGNO) ED ALTO ARTIGIANATO (PER LA SUA REALIZZAZIONE), NULLA A CHE VEDERE, NEPPURE LONTANAMENTE, CON I PRODOTTI DEI PERIODI SUCCESSIVI.
MEDITATE, GENTE, MEDITATE.