Di solito non mi soffermo più di tanto sulle tecniche di realizzazione di un oggetto, so per esperienza che chi mi legge o mi ascolta si annoia, ma stavolta non era possibile farne a meno, vista l’importanza intrinseca della qualità artistica dell’artigiano che questa opera ha messo al mondo.
Intendo con le “tecniche” righe sottostanti riconoscere a Cesare quel che è di Cesare oltre che informare l’eventuale acquirente del tesoro che contiene questo manufatto.
Importante, grande e pesantissima coppia di alari realizzati in distinte fusioni di bronzo successivamente assemblate, assemblate così bene che solo un occhio esperto può comprenderne i punti e le modalità di contatto.
Altrettanto importante è la qualità del suo metallo di fusione. Il bronzo, infatti, ha una “composizione base” di rame e stagno (e già qui, a seconda della quantità dell’uno o dell’altro componente, abbiamo l’intervento del maestro fonditore) alla quale ogni maestro aggiunge un suo segreto, una certa quantità di nichel, di berillio oppure allumina oppure… beh, non sarebbe un segreto se noi conoscessimo tutte le variabili possibili..
Di fatto, nel manufatto che vi stiamo presentando, si è raggiunto un risultato fantastico: La nostra coppia di alari, pur non essendo mai stata dorata, ha superfici impeccabili, quasi del tutto prive di macchie e/o risalite superficiali di qualche suo specifico componente (ad esempio di rame che è un metallo capriccioso, non sta mai fermo e tende a macchiare i metalli con cui è a contatto), superfici insomma lucide e nette come raramente capita di vedere in fusioni di bronzo.
Costoso ma facile è donare lucentezza attraverso un trattamento di doratura, il fatto è che prima o poi la doratura scema (no, non è che sia cretina, è che cala, lentamente si riduce) sino a scomparire e quel che c’è sotto non sarà certamente “brillante” (altrimenti non l’avrebbero dorato, no?!).
Ecco, il nostro maestro fonditore ha optato per una lucentezza “eterna” della sua opera, una sorta di lucentezza intrinseca al suo metallo, cosa che ben pochi artigiani/artisti erano (e sono tuttora) in grado di fare.
Vi siete anoiati? Sperando di no, continuo nel commento.
Due putti compaiono su quegli arborei bronzi:
Il primo (un maschietto, anzi un amorino, provvisto della sua regolamentare e fornitissima faretra) sta suonando un “aerofono” (questo il nome antico del corno francese) e sulle sue note, la fanciulla canta leggendo uno spartito musicale (nel libro che ella tiene tra le mani, che è una fusione di circa cinque millimetri per dieci millimetri, si distinguono perfettamente le righe del pentagramma, incredibile!!). Eros suona, Eva risponde, un Amore nasce.
PERFETTA CONSERVAZIONE, NESSUN RESTAURO SARA' NECESSARIO, A QUESTA FANTASTICA COPPIA DI FUSIONI BASTERA' UNA PROFESSIONALE PULIZIA E CERATURA PER APPARIRE, SEMMAI POSSIBILE, ANCOR PIU' AFFASCINANTE.
PROVENIENZA PARIGINA ( DOVE, ALTRIMENTI, AVREBBE POTUTO AVERE I NATALI?!), PERIODO NAPOLEONE III.